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RASSEGNA INTERNAZIONALE D’ARTE

XVI PREMIO CITTÁ DI BOZZOLO

X BIENNALE DON PRIMO MAZZOLARI

RIPENSARE LO SPAZIO E IL TEMPO

a cura di Matteo Galbiati

​​

​Palazzo dei Principi, Via Sergio Arini 2, Bozzolo (MN)

 

2 dicembre 2023 - 11 febbraio 2024

​​​​ Matteo Galbiati Critico e curatore d’arte Ripensare lo spazio e il tempo. Un tema, il nostro tema. “Tanto il parlare come il tacere è una testimonianza, purché l’animo sia da testimone.” Don Primo Mazzolari. Il compito, se non vera e propria missione, di un Premio d’arte è quella di esplorare, indagare, scoprire, come ha fatto il Premio d’Arte Città di Bozzolo - Biennale DonPrimo Mazzolari, iniziato già nella metà degli anni Cinquanta e che quindi può vantare una lunga storia, pur se iniziata, interrotta e poi recentemente ripresa. I Premi, nel variegato e ampio panorama dell’arte contemporanea, dal Secondo Dopoguerra in poi, hanno scritto capitoli importanti nella storia artistica, nei quali sono stati appuntati, anzitempo rispetto al gusto, al mercato e al “sistema”, i nomi di artisti che poi hanno affermato più tardi negli anni il valore della loro ricerca, della profondità del loro pensiero e la validità della loro estetica. Queste manifestazioni si sono così ritagliate un ruolo di primissimo piano nel mondo dell’arte esplorando con libertà le espressività più interessanti e peculiari, sia dando la possibilità di avere un propizio spazio per incontrare e dialogare col pubblico, sia manifestando una peculiare capacità di precorrere il tempo del loro successo. La costanza del ripetersi negli anni e la capacità di resistere alle epoche – nonché ai pregi e ai vizi delle loro mode e dei loro gusti –dichiara un senso di continuità che è certamente una risorsa positiva per ogni comunità che in quel Premio, in un modo o nell’altro, si riflette. Tradizioni importantissime si sono perse, interrompendo un virtuoso meccanismo di proposta culturale, perché semplicemente sono venute meno le persone che ne erano il motore organizzativo, perché hanno annacquato la propria identità, perché si sono fossilizzate su posizioni ormai obsolete, perché non hanno saputo risolvere la propria identità nell’attualità tenendo il timone dritto sulla rotta del proprio futuro. Un Premio d’arte, in questo senso, deve vivere di costanti aggiornamenti, deve sfidare – e vincere– i pregiudizi più radicati, deve osare, deve imporsi per essere elemento di rottura, di discontinuità, deve essere sempre soglia sull’imprevedibile e mai porto sicuro in cui rimanere all’ormeggio. Ripensarsi è cogliere il proprio rinnovamento, certo come una sfida, ma con la lucida consapevolezza che quella è la direzione giusta e solo così si può continuare ad assolvere la propria missione e ribadire il proprio mandato non solo culturale, ma anche civile, etico, sociale, umano. Ecco allora che il valore più profondo di un Premio è quello di guardare lontano, di vedere di là dall’orizzonte con l’esplicita necessità di aumentare le domande più che ribadire la tenacia asfittica della stessa risposta. Così un Premio costruisce sapere e costituisce spesso, se immune da logiche consortili, un fronte d’avanguardia. Senza imporsi in coordinate direzionali e di senso ultimative, il Premio d’arte, rispetto al nuovo che mette in campo e che ricerca, ha la nobilissima finalità di essere davvero un momento fondamentale di scambio e di incontro. È tempo e spazio di confronto, favorendo quella dialettica delle parti che non allinea, non indottrina, non costringe, non obbliga. Propone, offre, attende, verifica. In questo senso da curatore ho voluto accogliere – mi auguro mosso da un determinato e consolidato pensiero critico preciso – la sfida dell’incarico di curare il XVI Premio d’Arte Città di Bozzolo - X Biennale Don Primo Mazzolari 2023 conscio dell’impegno che questo ruolo ha, soprattutto se, come richiesto dagli enti organizzatori, per questa edizione si vuole cercare lo spunto di quel rinnovamento indirizzato al domani, voluto e affermato, per non bloccare la visione originaria iniziale nella retorica del già dato e tenendo in conto le realtà rappresentative della nostra contemporaneità. L’indirizzo è stato quello di rispettare la tradizione, mutarla nella continuità del pregresso passato e palesare un momento di pausa e riflessione su immagini diverse che parlano, nelle e dalle opere, del nostro tempo. Avvicinare la comunità cui si rivolge il Premio deve essere un passo fatto avendo fiducia nell’accogliente mentalità e nello spirito di curiosità che animano da sempre l'intelligenza dell'uomo. Dopo la sospensione dovuta alla pandemia, pausa obbligata, ma utile a ripensarsi e a riflettere sui propri obiettivi, possiamo ricominciare avendo la cura di un nuovo stato mentale, di una nuova capacità di vedere e accogliere collettivamente. Osservare da dentro l'impegno profuso dagli amministratori e dagli organizzatori perché il Premio sia mantenuto e, soprattutto, riformulato, incoraggia nella direzione di un mandato che da sfida è diventata presto promessa. Abbiamo prioritariamente tenuto presente il concetto di contemporaneità nell’arte, principio che non è espressione di creatività disperse e avulse dal proprio tempo, bensì è addentro alle dinamiche e alle tensioni della realtà che stiamo vivendo. In merito al tema della nuova edizione – Ripensare lo spazio e il tempo – è importante che venga colto, fin dal principio, che le mie scelte in merito a opere e artisti sono orientate tutte verso ricerche che hanno in sé già questi rilevanti argomenti come parte fondante dei contenuti dell’operato artistico ed estetico dei quattordici artisti che ho selezionato, presenti con precise opere scelte dal loro repertorio per costruire questa nostra mostra e il rilevante documento costituito dalla monografia editata per l'occasione. Importante, per avviare una progettualità che possa innescare nuove dinamiche legate alla cultura artistica contemporanea nella Città di Bozzolo, è stato, dal mio punto di vista di critico d’arte, che la partecipazione ad un Premio, con indirizzi tematici ben definiti, abbia, da parte dell’artista, la lettura più opportuna e rispettosa del proprio operato e del contesto in cui si riferisce e inserisce. Opere proposte in modo forzato, con un’etichetta apposta a forza per soddisfare principi non sentiti, non possono esaudire l’essenza stessa e lo spirito del Premio che, prima che una competizione, resta sempre occasione e momento di verifica, incontro, confronto e scambio. In questo senso la mia idea curatoriale spinge gli artisti a non essere presenti con opere estemporanee, slegate dalla profondità della loro indagine abituale, perseguendo un principio di rispetto secondo cui quella stessa opera – che potrebbe entrare nelle collezioni bozzolosi – deve essere parte “naturale” del loro modo di osservare e trascrivere la bellezza del mondo. Non è corretto, soprattutto pensando alla vocazione definita e delineata nelle precedenti edizioni del Premio, che l’impegno sia di circostanza o, peggio, forzato. Sarebbe una menzogna, una mistificazione il loro apporto. Dovendo rappresentare un campionario diversificato di percorsi, ho attuato scelte che rappresentano delle modalità innovative di agire con la Pittura, la Scultura e la Fotografia e, al contempo, rispecchiano una sensibilità corrispondente tra le voci differenti dell’astrazione e della figurazione o, meglio, dell’arte iconica e aniconica. Secondo questo principio, essendomi fatto carico io del tema proposto e non avendolo assegnato ai protagonisti di questa edizione, non ci sono contrasti e opposizioni tra due schieramenti differenti, proprio perché i diversi linguaggi, le differenti espressioni e ricerche si assimilano e si correlano vicendevolmente nella diversità delle intenzioni, unite e convergenti, alla fine, verso l'idea di quel ripensamento che non pertiene solo al Premio, ma a noi come comunità umana. Questi lavori non restano nemmeno immuni dal tenere vive le considerazioni su aspetti legati alla trascendenza, alla spiritualità – per quanto, in alcuni, laicamente intesa – e alla dimensione più profonda della coscienza dell'uomo, prima ancora della sua conoscenza. Le sensibilità ampie armonizzano i loro contenuti e li allineano ai sentimenti, prima, e al pensiero dell'uomo poi, in linea con i principi di don Mazzolari, così amato e ricordato dai bozzolesi, la cui memoria, eredità e riflessione questo Premio aiutano a tenere vive. Del resto, in questo senso, essendo il Premio così legato alla città che lo promuove, ho voluto fermamente che la stessa comunità bozzolese, e più in generale il pubblico di visitatori, fosse parte in causa diretta di questa manifestazione: sentirsi parte del processo costitutivo del Premio e delle diverse fasi decisive, essere responsabili, con le proprie scelte, dell’assegnazione di un riconoscimento intitolato (quello della GiuriaPopolare), avvicina di più le persone agli artisti e alle opere, anche nel momento decisionale finale, quando non ci si potrà più appellare a valutazioni che sono sentite come calate-imposte solo dall'alto. Qualunque spettatore deve comprendere poi che – al di là dell'individuale scelta di partecipazione al voto – è lui, in virtù di fruitore, il destinatario finale, il referente ultimo dell'opera, a lui spetta la responsabilità di dover capire. Pensare di non capire un lavoro non significa che quel lavoro non dice, non racconta, ma semplicemente abbiamo noi il problema di essere sordi a quella narrazione. Una qualsiasi opera deve essere ascoltata, accolta, accettata, solo così si potrà poi muoverle le giuste osservazioni di merito e, perché no, di gusto e piacere, per approvazione e condivisone, per lontananza e vicinanza alle nostre idee. In modo sinceramente critico. La reciproca volontà è – e deve essere – quella di impegnarsi davvero nell’attivare sperimentazioni sul campo, cosicché la maturata consapevolezza, alimentata da una continua curiosità, favorisca, nel tempo e nello spazio, un sano clima culturale e artistico, come quello che si crea nel momento del Premio. Con l'ambizione e lasperanza che resti attivo e dinamico anche in altri momenti dell’anno. In questo modo l’arte contemporanea può trovare a Bozzolo il clima giusto, un luogo sicuro, una nuova sede attiva e propositiva, a dimostrazione di come anche la provincia “lontana”sia capace di progettualità a lunga scadenza e sia – ancora una volta di più – aperta all’innovazione e alla ricerca. Con responsabilità e dedita vocazione, le immagini degli artisti – attraverso opere raccontate dalla giovane e fresca voce di alcuni studenti dell'Accademia di BelleArti di Brescia Santa Giulia e la mostra che le avvicina – si riuniscono in un allestimento che è momento di dialogo tra visioni nate come testimonianza, corale e corrispondente, tra spunti differenti inerenti temi esistenziali profondi. Pur nella differente origine e formazione, il loro sguardo può ri-comporsi in una progettualità che è dentro ad un ampio territorio comune di indagine, lo stesso in cui tutti noi ci troviamo. Il nostro presente. Ecco perché è per me basilare dar conto, con la loro ponderata e calibrata selezione, di temi forti e importanti quali l'inclusione, la diversità, la transitorietà, la caducità, la natura, la spiritualità, la memoria, la trasfigurazione, (…),per citarne solo alcuni. In riferimento a quel parlare e tacere menzionati dall’affermazione di don Primo, sono convinto che questi artisti ne incarnino perfettamente lo spirito e la visione. La libertà delle loro proposte, aperte e accoglienti lo sguardo e la lettura di tutti, sono spunto non trattenuto, né modificato, per riflessioni profonde sull’animo umano, così che questo ci possa essere vitale testimone. Non sono opere che indottrinano o accontentano, sono un impegno; vogliono affermare qualcosa di peculiare che, senza sbalordire o accomodare, sta dentro a tutti noi – ribadisco – come comunità umana.Tanto nelle differenze, quanto nelle affinità, ci aiutano non solo a ripensare al (nostro) tempo e al (nostro) spazio, ma anche a quella dimensione ulteriore cui spesso diamo poco conto e su cui, schiavi della superficialità di certe immagini consumate oggi con assurda sveltezza, ancor meno riflettiamo con giusta convinzione. A quello l'Arte da sempre ci richiama e fa riferimento.

© 2025 Maurizio Pometti

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